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Come se non bastassero [b]virus[/b] e [b]vulnerabilità varie[/b], un altro problema si aggiunge ai "contro" di Facebook (e dei Social Network in generale): secondo quanto pubblicato il 24 febbraio 2009 sul noto giornale londinese [b]Guardian[/b], Lady Greenfield, neuroscenziata e docente di farmacologia delle sinapsi ad Oxford, ha detto ad una commissione della House of Lords che Facebook e Bebo fanno male al cervello.
Ecco alcuni punti salienti del suo discorso:
Il Governo e il Parlamento non hanno ancora prestato l'attenzione dovuta ai cambiamenti indotti nella mente dall'esperienza dei social network come Facebook e Bebo.
I social network offrono un'esperienza svuotata di ogni coerenza narrativa e di significato profondo. La conseguenza è che la mente del 21esimo secolo è pressocché infantilizzata, caratterizzata da tempi d'attenzione ridotti, tendenza al sensazionalismo, incapacità di partecipazione empatica e da un debole senso dell'identità.
Se il cervello giovane è esposto dal suo inizio ad un mondo basato sul modello dell'azione-reazione veloce (…), questi cambiamenti così bruschi lo formeranno perché esso operi sulla stessa scala temporale. E forse nel mondo reale tali risposte non si verificheranno con tanta immediatezza e allora è possibile che si osservi l'insorgere di un disturbo di deficit dell'attenzione.
Potrebbe essere d'aiuto indagare se la pressocché totale immersione della nostra cultura dentro un mondo di tecnologie dello schermo possa esser messo in relazione con l'avvenuto incremento di tre volte nelle prescrizioni di farmaci contro l'iperattività derivante da disturbo del deficit di attenzione.
L'acuta dipendenza dal soddisfacimento concreto e immediato può esser posto in relazione con l'analogo funzionamento di quei sistemi cerebrali che giocano un ruolo nella creazione della dipendenza da droghe. Così non dev'essere sottovalutato l'elemento del piacere nell'interagire con uno schermo, quando ci arrovelliamo sul perché sia così attraente per i giovani
Susan Greenfield, a capo del londinese Royal Institution, lancia l'allarme sulle pagine del britannico Daily Mail: Facebook modifica il modo in cui il nostro cervello lavora, finendo per fargli subire una regressione che viene etichettata come vero e proprio processo all'insegna dell'infantilismo. Addirittura si rischia di diventare obesi.
per me esagerano....prima hanno fatto un caos per la playstation....poi...tutto finito...ora facebook...tutto questo chiacchierare serve solo a fare pubblicità!!!