C’è una traccia finalmente consistente per accertare che fine abbia fatto Emanuela Orlandi, la figlia del commesso della Casa Pontificia del Vaticano scomparsa 25 anni fa, il 22 giugno del 1983, quando aveva quindici anni. Una super-testimone, interrogata in gran segreto, ha rivelato ai magistrati un particolare da loro ritenuto decisivo per tentare di ricostruire la vicenda. Il mistero, ancora una volta, ruota attorno alla Banda della Magliana, la famigerata organizzazione (nata alla fine degli anni ’70 dalla fusione di vari gruppi criminali) in contatto con camorra, mafia, destra eversiva e loggia P2. A un sequestro deciso e ordinato per chissà quale (ancora) oscuro motivo dai boss che nulla avrebbe a che vedere, al contrario di quello che era stato ipotizzato fino a poco tempo fa, con i Lupi Grigi e con i colpi di pistola esplosi contro Giovanni Paolo II a piazza San Pietro, il 13 maggio dell’81, dal turco Alì Agca.
La svolta sugli accertamenti per la sparizione di Emanuela Orlandi è arrivata inaspettata. Il procuratore aggiunto Italo Ormanni (nominato in settimana da Palazzo Chigi responsabile del Dipartimento per gli affari di giustizia del ministero di via Arenula) e i pm Simona Maisto e Andrea De Gasperis hanno lavorato in silenzio, affidando alla polizia le prime verifiche e cercando riscontri al racconto della donna. Che non è una delle tante figure più o meno equivoche apparse in tutti questi anni nelle varie inchieste: è stata a lungo la donna di uno dei boss della banda della Magliana, conoscerebbe molti segreti dell’organizzazione e, soprattutto, avrebbe avuto un ruolo attivo nel rapimento.
È questo il passaggio più delicato dell’inchiesta. Tutto, allo stato, ruota attorno al racconto della super-testimone, che avrebbe fornito almeno un particolare che può essere riscontrato e che, in parte, è stato già ritenuto credibile dagli investigatori: ha detto di aver fatto salire Emanuela Orlandi su un’auto da lei guidata nel luogo in cui era stato fissato un appuntamento con un’altra macchina che l’aveva prelevata, quella sera del 22 giugno dell’83 (era domenica) quando aveva finito la lezione di musica. Forse proprio quella Bmw nera nella quale un vigile urbano (l’ultimo che la ricorda) ha sostenuto di averla vista entrare davanti al palazzo del Senato. E la super-testimone avrebbe anche aggiunto a Ormanni, alla Maisto e a De Gasperis di averla a sua volta lasciata in un altro posto e il motivo per cui si sarebbe prestata a fare questa operazione: glielo aveva chiesto il boss di cui era la compagna e aveva eseguito il compito, senza chiedere spiegazioni, né tantomeno opporsi. Sui motivi del sequestro, allo stato, i magistrati non hanno elementi precisi. Negli ambienti investigativi viene solo escluso che emerga qualcosa che lo leghi all’attentato al Papa di 27 anni fa, alla pista bulgara e ai Lupi Grigi di Agca.
Un appello al Papa per squarciare il «pesante silenzio» calato sulla vicenda è stato lanciato dalla mamma di Emanuela, Maria Orlandi (che è stata sentita dai magistrati insieme alla figlia Natalina e all’altro figlio): la famiglia continua a pensare di poter riabbracciare Emanuela, che adesso avrebbe 40 anni. «Penso che un po’ di coscienza la si debba avere. Sono passati venticinque anni nei quali c’è stata sottovalutazione e, soprattutto, troppo silenzio, quasi che si volesse dimenticare. Ma per me non accadrà mai», ha detto Maria Orlandi. La quale pensa che «se papa Ratzinger facesse un appello, anche se è passato tanto tempo, oltre che a fare piacere servirebbe a smuovere le coscienze». E l’ex giudice istruttore dell’attentato a Karol Wojtyla, Ferdinando Imposimato, conferma le novità: «So che la procura si sta muovendo. Sono fiducioso».
[Fonte: Il Corriere Della Sera]
Roma, 23 giu. (Adnkronos) - Emanuela Orlandi sarebbe stata uccisa e il suo cadavere, insieme a quello di Domenico, il figlio 11enne di Salvatore Nicitra, imputato al processo contro la Banda della Magliana, sarebbe stato gettato in una betoniera a Torvaianica. E' questo il punto centrale della deposizione resa 15 giorni fa davanti ai pm della Procura di Roma Italo Ormanni, Andrea De Gasperis e Simona Maisto, dall'allora amante di Enrico De Pedis, il boss della banda della Magliana noto con il soprannome di 'Renatino', ucciso a Roma il 2 febbraio del 1990. In particolare, la testimone racconta di essere stata, insieme a un'altra persona e a De Pedis, a bordo della stessa auto sulla quale erano stati trasportati due sacchi, contenenti i cadaveri della ragazza scomparsa il 22 giugno del 1983 e del bimbo sparito il 21 giugno del 1993 insieme allo zio. Ed e' proprio su quest'ultima circostanza e sull'incongruenza delle date, visto che la morte di 'Renatino' e' precedente la scomparsa del bambino, che gli inquirenti stanno cercando di fare chiarezza. Ai magistrati la superteste avrebbe anche riferito di aver visto una ragazza che le sembro' potesse essere la Orlandi qualche mese prima dell'episodio di Torvaianica. Su incarico di De Pedis, aveva dovuto portare la giovane, che le era sembrata avere un'aria piuttosto intontita, dal bar del Gianicolo al benzinaio del Vaticano, dove, secondo quanto raccontato ai pm capitolini, l'avrebbe consegnata nelle mani di un sacerdote.
Emanuela Orlandi: scomparsa 25 anni fa (22 giugno 1983)
-
- Very Important Poster
- Messaggi: 31357
- Iscritto il: 06/01/2008, 14:53
- 17
- Località: Prope Caput Mundi
- Umore:
- Grazie inviati: 1
- Sesso:
Una vita pericolosa quella di Sabrina Minardi, negli anni ruggenti della mala romana, quelli immortalati in 'Romanzo criminale'. Lei era la donna di uno dei boss della Banda della Magliana. Di quel 'Renatino' De Pedis, che dopo esser stato assassinato il 2 febbraio 1990 in un agguato a Roma nei pressi di Campo de' Fiori, venne seppellito seppellito nella basilica romana di Sant'Apollinare, con grande sdegno di tanti fedeli. Ma il sarcofago è ancora lì.
Emanuela Orlandi venne rapita il 22 giugno 1983, Sabrina all'epoca aveva 23 anni. Per dieci anni è stata con Renatino. Davanti le sono passati fiumi di soldi, droga, e, stando ai suoi racconti, una bella fetta dei misteri d'Italia: "Mi ricordo che una volta - ha raccontato ai magistrati - Renato portava sempre delle grosse borse di soldi a casa. Sa, le borse di Vuitton, quelle con la cerniera sopra. Mi dava tanta di quella cocaina, per contare i soldi dovevo fare tutti i mazzetti e mi ricordo che contò un miliardo e il giorno dopo lo portammo su a Marcinkus", ovvero al numero uno dello Ior, la banca del Vaticano, una banca senza sportelli dall'immenso potere finanziario, ramificata anche nel settore privato. All'inizio degli anni ottanta, il nome di Marcinkus fu collegato a scandali finanziari come il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Il nome del monsignore è stato accostato anche a personaggi discussi come Michele Sindona o il "venerabile maestro" della P2, Licio Gelli.
Poi le cene a casa di Andreotti. "Renato ricercato, siamo andati su ... eh ... accoglienza al massimo ... c'era pure la signora ...la moglie ... una donnetta caruccia ... ovviamente davanti non parlavano di niente".
La donna, che è anche stata la moglie dell'ex calciatore Bruno Giordano, ha già raccontato nel novembre del 2006 una parte della sua verità a ''Chi l'ha visto?''. ''Una volta - ha raccontato nell'intervista - mi ha dato una borsa piena di soldi, saranno stati più di cento milioni, e mi ha detto: vai e spendili tutti. Mi trattava come una principessa e mi diceva di stare attenta perché i poliziotti avrebbero potuto seguire me e arrivare a lui. E così è stato''.
Il 14 marzo scorso, avrebbe deciso di raccontare tutto sul sequestro di Emanuela Orlandi. La molla sarebbe scattata dopo aver sentito, l'intervento nel programma 'Chi l'ha visto' di Antonio Mancini, uno dei pentiti della Banda della Magliana. Le parole di Mancini (il quale, ascoltando una telefonata anonima giunta in redazione, disse "Riconosco la voce di 'Mario', è di un killer al servizio di De Pedis") avrebbero scosso la donna al punto da incontrare i magistrati della procura di Roma e la polizia per riferire loro quanto fosse a sua conoscenza.
Nel 1994 Sabrina Minardi venne rinviata a giudizio dal sostituto procuratore della Repubblica di Prato, Pietro Lamberti, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata all'induzione e allo sfruttamento aggravato della prostituzione. Le indagini presero il via nel 1991 quando la polizia scoprì in città due case di appuntamento frequentate da tre prostitute brasiliane e altrettante colombiane.
Oggi Sabrina Minardi si trova in una comunità terapeutica in Trentino. Poche settimane fa, la sua famiglia è tornata all'attenzione della cronaca perché la figlia, Valentina Giordano, fu protagonista, insieme al fidanzato Stefano Lucidi, del tragico incidente sulla Nomentana in cui morirono Alessio Giuliani e la sua ragazza Flaminia Giordani.
"Tentarono di rapire mia figlia - ha raccontato ai magistrati -, chiamai immediatamente Renato e mi disse 'se ti sei scordata quello che hai visto non succederà niente a tua figlia'. In effetti, fino a oggi non le è successo nulla" però "ho un po' di timore, perché è vero che Renato è morto, ma ci sono altre persone...".
[Fonte: LaRepubblica]
Emanuela Orlandi venne rapita il 22 giugno 1983, Sabrina all'epoca aveva 23 anni. Per dieci anni è stata con Renatino. Davanti le sono passati fiumi di soldi, droga, e, stando ai suoi racconti, una bella fetta dei misteri d'Italia: "Mi ricordo che una volta - ha raccontato ai magistrati - Renato portava sempre delle grosse borse di soldi a casa. Sa, le borse di Vuitton, quelle con la cerniera sopra. Mi dava tanta di quella cocaina, per contare i soldi dovevo fare tutti i mazzetti e mi ricordo che contò un miliardo e il giorno dopo lo portammo su a Marcinkus", ovvero al numero uno dello Ior, la banca del Vaticano, una banca senza sportelli dall'immenso potere finanziario, ramificata anche nel settore privato. All'inizio degli anni ottanta, il nome di Marcinkus fu collegato a scandali finanziari come il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Il nome del monsignore è stato accostato anche a personaggi discussi come Michele Sindona o il "venerabile maestro" della P2, Licio Gelli.
Poi le cene a casa di Andreotti. "Renato ricercato, siamo andati su ... eh ... accoglienza al massimo ... c'era pure la signora ...la moglie ... una donnetta caruccia ... ovviamente davanti non parlavano di niente".
La donna, che è anche stata la moglie dell'ex calciatore Bruno Giordano, ha già raccontato nel novembre del 2006 una parte della sua verità a ''Chi l'ha visto?''. ''Una volta - ha raccontato nell'intervista - mi ha dato una borsa piena di soldi, saranno stati più di cento milioni, e mi ha detto: vai e spendili tutti. Mi trattava come una principessa e mi diceva di stare attenta perché i poliziotti avrebbero potuto seguire me e arrivare a lui. E così è stato''.
Il 14 marzo scorso, avrebbe deciso di raccontare tutto sul sequestro di Emanuela Orlandi. La molla sarebbe scattata dopo aver sentito, l'intervento nel programma 'Chi l'ha visto' di Antonio Mancini, uno dei pentiti della Banda della Magliana. Le parole di Mancini (il quale, ascoltando una telefonata anonima giunta in redazione, disse "Riconosco la voce di 'Mario', è di un killer al servizio di De Pedis") avrebbero scosso la donna al punto da incontrare i magistrati della procura di Roma e la polizia per riferire loro quanto fosse a sua conoscenza.
Nel 1994 Sabrina Minardi venne rinviata a giudizio dal sostituto procuratore della Repubblica di Prato, Pietro Lamberti, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata all'induzione e allo sfruttamento aggravato della prostituzione. Le indagini presero il via nel 1991 quando la polizia scoprì in città due case di appuntamento frequentate da tre prostitute brasiliane e altrettante colombiane.
Oggi Sabrina Minardi si trova in una comunità terapeutica in Trentino. Poche settimane fa, la sua famiglia è tornata all'attenzione della cronaca perché la figlia, Valentina Giordano, fu protagonista, insieme al fidanzato Stefano Lucidi, del tragico incidente sulla Nomentana in cui morirono Alessio Giuliani e la sua ragazza Flaminia Giordani.
"Tentarono di rapire mia figlia - ha raccontato ai magistrati -, chiamai immediatamente Renato e mi disse 'se ti sei scordata quello che hai visto non succederà niente a tua figlia'. In effetti, fino a oggi non le è successo nulla" però "ho un po' di timore, perché è vero che Renato è morto, ma ci sono altre persone...".
[Fonte: LaRepubblica]
-
- Very Important Poster
- Messaggi: 31357
- Iscritto il: 06/01/2008, 14:53
- 17
- Località: Prope Caput Mundi
- Umore:
- Grazie inviati: 1
- Sesso:
«Ecco la prigione di Emanuela». Riscontri a metà e smentite nel racconto dell'ex compagna del boss De Pedis.
La polizia ha trovato il sotterraneo nel quale sarebbe stata segregata Emanuela Orlandi, secondo il racconto della ex amante del «bandito della Magliana» Enrico De Pedis. Una serie di cunicoli con l'accesso diretto in un appartamento del quartiere di Monteverde. Non solo. Nel periodo successivo alla scomparsa della ragazza allora quindicenne emerge un consumo di energia in quei sotterranei che prima e dopo, come emerge dalla bolletta elettrica, non c'era. E in quei meandri fu realizzato un bagnetto, come se effettivamente avesse dovuto viverci qualcuno. Particolari che — riferiti così — darebbero credibilità al racconto di Sabrina Minardi, la donna che visse i primi anni Ottanta, poco più che ventenne, al fianco del boss della componente «testaccina» della Magliana; quella che aveva contatti con i servizi segreti, la mafia siciliana, uomini coinvolti nel crack del Banco Ambrosiano.
Ma c'è un particolare che non torna e rischia di demolire alla base il racconto sulla prigionia di Emanuela Orlandi dell'ex ragazza innamorata del bandito e della «bella vita»: la padrona di quella casa, che attraverso la sua governante avrebbe avuto il compito di accudire la sequestrata, in quel periodo era in carcere. E dunque tutto poteva fare tranne che gestire un sequestro di persona. Si chiama Daniela Mobili, ed era legata a Danilo Abbruciati, un altro «testaccino». Il quale però, all'epoca della sparizione di Emanuela, era già morto da un anno. Ammazzato mentre era «in trasferta» a Milano, dove aveva appena sparato al vice-presidente dell'Ambrosiano Roberto Rosone. Si può leggere così il racconto di Sabrina Minardi agli investigatori della Squadra mobile di Roma, una catena di fatti (o presunti tali) tenuti insieme da qualche riscontro indiretto e spezzati da altrettante clamorose smentite. A chi si occupa di indagini capita di incontrare personaggi così, che dicono cose verosimili condendole di particolari verificabili e altri che non possono esserlo, oppure che appaiono subito delle menzogne. Infilate nel racconto chissà perché: per affascinare chi ascolta o per inquinare tutto, per protagonismo o per paura.
Di solito gli investigatori trattano questi particolari testimoni con molta cautela, utilizzandoli come spunto d'indagine al quale, per approdare a qualcosa di concreto, devono necessariamente aggiungersi altri elementi. E così si sta facendo con la Minardi, oggi quarantottenne, che la polizia è andata a cercare di sua iniziativa, dopo alcune dichiarazioni televisive risalenti a un paio d'anni fa. Sottoponendo le dichiarazioni della donna a un «vaglio particolarmente critico», come si dice quando l'affidabilità del testimone è ancora incerta. Il fatto che la donna del boss sia stata cercata per chiederle se sapeva qualcosa del «caso Orlandi» (davanti alle telecamere di Chi l'ha visto? aveva detto di no), nel tentativo di trovare la soluzione di uno dei tanti misteri romani irrisolti, esclude il protagonismo della «supertestimone » in cerca di notorietà e di qualche vantaggio a 25 anni dai fatti. Ma subito dopo ecco la clamorosa incongruenza di mescolare la presunta morte di Emanuela con quella di Domenico Nicitra, scomparso dieci anni dopo e quando De Pedis era stato ucciso da tre. Inoltre in tv la donna dà un'altra versione sull'omicidio del ragazzino, «sciolto nell'acido» anziché gettato in un cantiere.
Anche sul capitolo dedicato a monsignor Marcinkus, che ha provocato l'indignata reazione del Vaticano, c'è qualcosa che torna e qualcosa che no. La Minardi, oltre che indicarlo come mandante del sequestro Orlandi, racconta che procurava le prostitute al monsignore presidente dello Ior (la banca vaticana che lei chiama «Ilor», confondendola con la vecchia tassa locale sui redditi). Gliele portava a casa, dice. Le accompagnava personalmente. Ha descritto l'appartamento, che gli investigatori ritengono di aver individuato. E su altri particolari credono di poter trovare ulteriori riscontri. A partire dall'identificazione di alcuni personaggi che popolano i racconti della donna. Ma il fatto che nei verbali di polizia non ci sia ciò che l'ex amante di De Pedis ha detto nell'intervista televisiva del 2006 su come conobbe Marcinkus — una cena a a casa del «faccendiere» Flavio Carboni, dove incontrò il presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi che glielo presentò, e poi le mise a disposizione il suo aereo privato per portare i genitori malati a Parigi — potrebbe tradursi in indebolimento della sua credibilità. Perché su quegli episodi si possono cercare riscontri solo se finiscono in una testimonianza ufficiale.
L'altra cena riferita dalla donna — stavolta a casa di Andreotti in compagnia del ricercato De Pedis, questa sì raccontata agli investigatori oltre che in tv — sembra un'aggiunta poco credibile, anche se la Procura non ha ancora affidato alla polizia i relativi accertamenti. Restano quindi le ambiguità di una testimonianza tutta da verificare, a proposito di una vicenda che ha comunque dei capisaldi ben piantati nella realtà: il lungo rapporto tra la Minardi e De Pedis; l'incomprensibile sepoltura del bandito in territorio vaticano, la basilica di Sant'Apollinare, motivata da «iniziative di bene» e dall'interesse del defunto «per la formazione cristiana e umana dei giovani»; il coinvolgimento dei «testaccini» della banda della Magliana nella vicenda del Banco Ambrosiano (dove Marcinkus ebbe un ruolo non certo secondario) confermato dal ferimento del vice-presidente Rosone per mano di Abbruciati, rimasto ucciso nell'agguato.
[Fonte: Corriere Della Sera]
La polizia ha trovato il sotterraneo nel quale sarebbe stata segregata Emanuela Orlandi, secondo il racconto della ex amante del «bandito della Magliana» Enrico De Pedis. Una serie di cunicoli con l'accesso diretto in un appartamento del quartiere di Monteverde. Non solo. Nel periodo successivo alla scomparsa della ragazza allora quindicenne emerge un consumo di energia in quei sotterranei che prima e dopo, come emerge dalla bolletta elettrica, non c'era. E in quei meandri fu realizzato un bagnetto, come se effettivamente avesse dovuto viverci qualcuno. Particolari che — riferiti così — darebbero credibilità al racconto di Sabrina Minardi, la donna che visse i primi anni Ottanta, poco più che ventenne, al fianco del boss della componente «testaccina» della Magliana; quella che aveva contatti con i servizi segreti, la mafia siciliana, uomini coinvolti nel crack del Banco Ambrosiano.
Ma c'è un particolare che non torna e rischia di demolire alla base il racconto sulla prigionia di Emanuela Orlandi dell'ex ragazza innamorata del bandito e della «bella vita»: la padrona di quella casa, che attraverso la sua governante avrebbe avuto il compito di accudire la sequestrata, in quel periodo era in carcere. E dunque tutto poteva fare tranne che gestire un sequestro di persona. Si chiama Daniela Mobili, ed era legata a Danilo Abbruciati, un altro «testaccino». Il quale però, all'epoca della sparizione di Emanuela, era già morto da un anno. Ammazzato mentre era «in trasferta» a Milano, dove aveva appena sparato al vice-presidente dell'Ambrosiano Roberto Rosone. Si può leggere così il racconto di Sabrina Minardi agli investigatori della Squadra mobile di Roma, una catena di fatti (o presunti tali) tenuti insieme da qualche riscontro indiretto e spezzati da altrettante clamorose smentite. A chi si occupa di indagini capita di incontrare personaggi così, che dicono cose verosimili condendole di particolari verificabili e altri che non possono esserlo, oppure che appaiono subito delle menzogne. Infilate nel racconto chissà perché: per affascinare chi ascolta o per inquinare tutto, per protagonismo o per paura.
Di solito gli investigatori trattano questi particolari testimoni con molta cautela, utilizzandoli come spunto d'indagine al quale, per approdare a qualcosa di concreto, devono necessariamente aggiungersi altri elementi. E così si sta facendo con la Minardi, oggi quarantottenne, che la polizia è andata a cercare di sua iniziativa, dopo alcune dichiarazioni televisive risalenti a un paio d'anni fa. Sottoponendo le dichiarazioni della donna a un «vaglio particolarmente critico», come si dice quando l'affidabilità del testimone è ancora incerta. Il fatto che la donna del boss sia stata cercata per chiederle se sapeva qualcosa del «caso Orlandi» (davanti alle telecamere di Chi l'ha visto? aveva detto di no), nel tentativo di trovare la soluzione di uno dei tanti misteri romani irrisolti, esclude il protagonismo della «supertestimone » in cerca di notorietà e di qualche vantaggio a 25 anni dai fatti. Ma subito dopo ecco la clamorosa incongruenza di mescolare la presunta morte di Emanuela con quella di Domenico Nicitra, scomparso dieci anni dopo e quando De Pedis era stato ucciso da tre. Inoltre in tv la donna dà un'altra versione sull'omicidio del ragazzino, «sciolto nell'acido» anziché gettato in un cantiere.
Anche sul capitolo dedicato a monsignor Marcinkus, che ha provocato l'indignata reazione del Vaticano, c'è qualcosa che torna e qualcosa che no. La Minardi, oltre che indicarlo come mandante del sequestro Orlandi, racconta che procurava le prostitute al monsignore presidente dello Ior (la banca vaticana che lei chiama «Ilor», confondendola con la vecchia tassa locale sui redditi). Gliele portava a casa, dice. Le accompagnava personalmente. Ha descritto l'appartamento, che gli investigatori ritengono di aver individuato. E su altri particolari credono di poter trovare ulteriori riscontri. A partire dall'identificazione di alcuni personaggi che popolano i racconti della donna. Ma il fatto che nei verbali di polizia non ci sia ciò che l'ex amante di De Pedis ha detto nell'intervista televisiva del 2006 su come conobbe Marcinkus — una cena a a casa del «faccendiere» Flavio Carboni, dove incontrò il presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi che glielo presentò, e poi le mise a disposizione il suo aereo privato per portare i genitori malati a Parigi — potrebbe tradursi in indebolimento della sua credibilità. Perché su quegli episodi si possono cercare riscontri solo se finiscono in una testimonianza ufficiale.
L'altra cena riferita dalla donna — stavolta a casa di Andreotti in compagnia del ricercato De Pedis, questa sì raccontata agli investigatori oltre che in tv — sembra un'aggiunta poco credibile, anche se la Procura non ha ancora affidato alla polizia i relativi accertamenti. Restano quindi le ambiguità di una testimonianza tutta da verificare, a proposito di una vicenda che ha comunque dei capisaldi ben piantati nella realtà: il lungo rapporto tra la Minardi e De Pedis; l'incomprensibile sepoltura del bandito in territorio vaticano, la basilica di Sant'Apollinare, motivata da «iniziative di bene» e dall'interesse del defunto «per la formazione cristiana e umana dei giovani»; il coinvolgimento dei «testaccini» della banda della Magliana nella vicenda del Banco Ambrosiano (dove Marcinkus ebbe un ruolo non certo secondario) confermato dal ferimento del vice-presidente Rosone per mano di Abbruciati, rimasto ucciso nell'agguato.
[Fonte: Corriere Della Sera]
-
- Very Important Poster
- Messaggi: 31357
- Iscritto il: 06/01/2008, 14:53
- 17
- Località: Prope Caput Mundi
- Umore:
- Grazie inviati: 1
- Sesso:
Tutto da rifare. Dopo il clamore delle rivelazioni sulla nuova pista per scoprire la verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi si rischia di dover ricominciare da capo. Si rischia tra l'altro «un'«intossicazione» che in questi anni ha segnato molti filoni di indagine.
Le informazioni fornite da Sabrina Minardi a partire da marzo quando la squadra mobile l'ha rintracciata in un'altra città, erano al vaglio. Con meticolosità. Cercando riscontri oggi su quei giorni di trent'anni fa. Oggi la «testimone» si sente in pericolo non vuole più parlare, raccontare altro. La donna che dopo 30 anni ha detto senza indugi di aver visto Emanuela viva «non so quanto tempo dopo il rapimento». E ancora la descrive: «Confusa, non stava bene, piangeva e rideva... mi sembra che parlava di un certo Paolo, forse il fratello».
Sabrina Minardi, però, dà anche un altro dettaglio: «Aveva i capelli tagliati in modo osceno. A caschetto». Una fisionomia diversa da quella che appariva sui manifesti fatti affiggere dalla famiglia poche ore dalla scomparsa. Ma un dettaglio importante se si confronta con la telefonata fatta a casa Orlandi il pomeriggio del 25 giugno 1983. «Pierluigi» così si presentò il telefonista che sostenne di avere 16 anni, parlò del flauto, dei capelli, degli occhiali che la ragazza non amava portare e di altri particolari che corrispondevano. Il sedicente Pierluigi disse che Emanuela Orlandi aveva i capelli tagliati di fresco a caschetto, diceva di chiamarsi Barbarella e di essere scappata di casa per sfuggire a una vita piatta e monotona. Ora quel dettaglio sull'acconciatura di Emanuela può essere una conferma delle parole della Minardi. E le voci di Pierlugi e quella di Mario saranno messe a confronto alla Dac, la direzione anticrimine con quella dei telefonisti che hanno chiamato in questi anni la trasmissione Chi l'ha visto. E proprio il programma di Federica Sciarelli domani riproporrà il tema della scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Un mistero lungo tent'anni.
[Fonte: IlTempo -29 giugno 2008]
Le informazioni fornite da Sabrina Minardi a partire da marzo quando la squadra mobile l'ha rintracciata in un'altra città, erano al vaglio. Con meticolosità. Cercando riscontri oggi su quei giorni di trent'anni fa. Oggi la «testimone» si sente in pericolo non vuole più parlare, raccontare altro. La donna che dopo 30 anni ha detto senza indugi di aver visto Emanuela viva «non so quanto tempo dopo il rapimento». E ancora la descrive: «Confusa, non stava bene, piangeva e rideva... mi sembra che parlava di un certo Paolo, forse il fratello».
Sabrina Minardi, però, dà anche un altro dettaglio: «Aveva i capelli tagliati in modo osceno. A caschetto». Una fisionomia diversa da quella che appariva sui manifesti fatti affiggere dalla famiglia poche ore dalla scomparsa. Ma un dettaglio importante se si confronta con la telefonata fatta a casa Orlandi il pomeriggio del 25 giugno 1983. «Pierluigi» così si presentò il telefonista che sostenne di avere 16 anni, parlò del flauto, dei capelli, degli occhiali che la ragazza non amava portare e di altri particolari che corrispondevano. Il sedicente Pierluigi disse che Emanuela Orlandi aveva i capelli tagliati di fresco a caschetto, diceva di chiamarsi Barbarella e di essere scappata di casa per sfuggire a una vita piatta e monotona. Ora quel dettaglio sull'acconciatura di Emanuela può essere una conferma delle parole della Minardi. E le voci di Pierlugi e quella di Mario saranno messe a confronto alla Dac, la direzione anticrimine con quella dei telefonisti che hanno chiamato in questi anni la trasmissione Chi l'ha visto. E proprio il programma di Federica Sciarelli domani riproporrà il tema della scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Un mistero lungo tent'anni.
[Fonte: IlTempo -29 giugno 2008]
-
- Very Important Poster
- Messaggi: 31357
- Iscritto il: 06/01/2008, 14:53
- 17
- Località: Prope Caput Mundi
- Umore:
- Grazie inviati: 1
- Sesso:
I fratelli e la vedova di Enrico De Pedis, il boss della Banda della Magliana ucciso nel gennaio 1990, hanno fatto sapere oggi ai magistrati che indagano sulla scomparsa di Emanuela Orlandi che non c'é alcuna loro contrarietà a far ispezionare la tomba del loro congiunto, sepolto nella basilica di Sant'Apollinare, nel centro di Roma.
"Non ne possiamo più di tutte le chiacchere di questi giorni" hanno fatto riferire al pm Andrea De Gasperis tramite gli avvocati Maurilio Prioreschi e Lorenzo Radogna e che sono favorevoli all'apertura del sepolcro se non altro per fugare tutti i sospetti nati dopo una telefonata arrivata anni fa alla trasmissione "Chi l'ha visto" nel corso della quale una voce anonima diceva, se si voleva far luce sul caso Orlandi, di "andare a vedere dentro la tomba di De Pedis".
Il pm De Gasperis, titolare degli accertamenti insieme con i colleghi Simona Maisto e Roberto Staffa, sta valutando in questi giorni se sia il caso o meno di rivolgersi al Vaticano, al quale compete decidere, per chiedere di aprire la tomba. Gli stessi familiari di "Renatino" hanno ribadito che una volta eseguita l'eventuale ispezione, è loro intenzione procedere alla cremazione dei resti. Intanto i familiari di De Pedis si accingono a querelare Sabrina Minardi, la supertestimone che ha chiamato in causa De Pedis, del quale è stata amante, attribuendogli la responsabilità del sequestro e dell'omicidio di Emanuela Orlandi. La donna, cocainomane, ha raccontato che il cadavere della ragazza e quello di Domenico Nicitra furono gettati da "Renatino" in una betoniera a Torvaianica.
Il racconto contiene l'incongruenza rappresentata dal fatto che Nicitra, figlio di un pentito, scomparve nel 1993, tre anni dopo la morte di De Pedis, ma al di là di questo gli inquirenti sono convinti che nella versione della supertestimone ci siano degli aspetti di verosimiglianza. A proposito di inquirenti, il gruppo di lavoro che si occupa della scomparsa di Emanuela dovrà fare a meno da domani di Italo Ormanni, il procuratore aggiunto nominato capo del Dipartimento Affari Giustizia del ministero di via Arenula. Oggi c'é stato il passaggio di consegne. Da domani sarà direttamente il procuratore della repubblica Giovanni Ferrara a coordinare le indagini.
[Fonte: ANSA - 30 giugno 2008]
"Non ne possiamo più di tutte le chiacchere di questi giorni" hanno fatto riferire al pm Andrea De Gasperis tramite gli avvocati Maurilio Prioreschi e Lorenzo Radogna e che sono favorevoli all'apertura del sepolcro se non altro per fugare tutti i sospetti nati dopo una telefonata arrivata anni fa alla trasmissione "Chi l'ha visto" nel corso della quale una voce anonima diceva, se si voleva far luce sul caso Orlandi, di "andare a vedere dentro la tomba di De Pedis".
Il pm De Gasperis, titolare degli accertamenti insieme con i colleghi Simona Maisto e Roberto Staffa, sta valutando in questi giorni se sia il caso o meno di rivolgersi al Vaticano, al quale compete decidere, per chiedere di aprire la tomba. Gli stessi familiari di "Renatino" hanno ribadito che una volta eseguita l'eventuale ispezione, è loro intenzione procedere alla cremazione dei resti. Intanto i familiari di De Pedis si accingono a querelare Sabrina Minardi, la supertestimone che ha chiamato in causa De Pedis, del quale è stata amante, attribuendogli la responsabilità del sequestro e dell'omicidio di Emanuela Orlandi. La donna, cocainomane, ha raccontato che il cadavere della ragazza e quello di Domenico Nicitra furono gettati da "Renatino" in una betoniera a Torvaianica.
Il racconto contiene l'incongruenza rappresentata dal fatto che Nicitra, figlio di un pentito, scomparve nel 1993, tre anni dopo la morte di De Pedis, ma al di là di questo gli inquirenti sono convinti che nella versione della supertestimone ci siano degli aspetti di verosimiglianza. A proposito di inquirenti, il gruppo di lavoro che si occupa della scomparsa di Emanuela dovrà fare a meno da domani di Italo Ormanni, il procuratore aggiunto nominato capo del Dipartimento Affari Giustizia del ministero di via Arenula. Oggi c'é stato il passaggio di consegne. Da domani sarà direttamente il procuratore della repubblica Giovanni Ferrara a coordinare le indagini.
[Fonte: ANSA - 30 giugno 2008]
-
- Argomenti simili
- Risposte
- Visite
- Ultimo messaggio
-
- 0 Risposte
- 222 Visite
-
Ultimo messaggio da Rob