
Argo Challenge è una sfida, ma soprattutto un grande sogno. «Vogliamo batterci in Coppa America, con una squadra composta anche da atleti disabili come me. Per dimostrare che se ce la possiamo fare noi nella vela, ce la possono fare tutti nella vita» spiega Lars Grael - brasiliano, plurimedagliato olimpico, fratello di Torben l'ex tattico di Luna Rossa - che del team torinese è lo skipper. Un grande campione, salito sul podio ai Giochi di Seul e Atlanta nella classe Tornado, che dieci anni fa ha perso la gamba destra, dopo essere stato investito da un motoscafo condotto da un timoniere ubriaco, mentre stava regatando, e che è ritornato oggi alla grande vela. Nel marzo scorso ha mancato per un soffio la qualificazione per Pechino, nella classe Star.
Antonio Spinelli, appassionato di regate torinese e ideatore di questa avventura, racconta come nel 2005 ha cercato il numero di telefono di Lars (che allora era ministro dello sport dello Stato di San Paolo) su Internet, gli abbia parlato e lo abbia convinto. A patto, aveva chiesto l'atleta brasiliano, che «fosse per vincere e non per fare gli orsi al circo». Un patto finora mantenuto: oggi nel team ci sono fior di campioni, disabili (l'ex pallanuotista ed ex Prada Umberto Panerai, il ciclista paraolimpico Pierangelo Vignati e il tedesco Heiko Kroger, per citarne alcuni) e non (Paolo Scutellaro, ex Mascalzone Latino); c'è la prossima stagione di regate da organizzare nel circuito in Mediterraneo, che sarà il campo di allenamento della squadra; c'è l'acconto dell'iscrizione per la prossima America's Cup («Non si potrà fare prima del 2010» ha detto Ernesto Bertarelli, il patron di Alinghi, sulla terrazza dello Yacht Club Costa Smeralda) già versato. E ci sono i finanziamenti da cercare. «Servono almeno 50 milioni di euro per partecipare degnamente» dice Spinelli. «Certo, l'alea che grava sulla manifestazione, legata alla battaglia legale tra Alinghi e Oracle, non aiuta. Gli sponsor non hanno una data certa dell'evento e non possono elaborare un piano finanziario».
Argo Challenge, inoltre, ora può contare anche su un nuovo «padrino» velico. E' Carlo Puri Negri, il numero uno di Pirelli Re. Il manager, grande appassionato di vela e buon timoniere, ha lasciato nelle mani di Grael il timone della sua barca, Atalanta II. «Un prestito sportivo» scherza il brasiliano. «Siamo andati a parlargli - racconta ancora Spinelli -. Sulle prime non aveva capito che cosa intendevamo fare, poi ci ha dato fiducia. Ed è anche salito a bordo con noi». Fiducia meritata: Lars e i suoi nelle regate della Maxi Yacht Rolex Cup, terminate sabato, hanno centrato il primo posto ex equo di classe. Ben figurando tra le più belle barche del giro della vela che conta: armatori vincenti come Ernesto Bertarelli e Neville Crichton, quest'ultimo al debutto con il nuovo mini-maxi Alfa Romeo 3 e in gara anche tra i maxi, gli scafi più grandi, con la precedente Alfa Romeo 2 (in realtà c'era anche «Rambler», che poi ha vinto nella categoria racing, che non è altro che Alfa Romeo 1, venduta da Crichton ad un armatore americano); campioni come Francesco de Angelis, Tommaso Chieffi, Paul Cayard; tycoon e manager miliardari, come Lindsay Owen Jones, Thomas Bscher, Jean-Charles Decaux, Claus Peter Offen; attori innamorati della vela come Claudio Amendola, fresco proprietario di un mini«maxi, «Acaia Cube».
«Adesso abbiamo solo paura che altri challenger ci portino via il nostro skipper», confessa Spinelli. Lars, che al timone combatte ad armi pari con gli altri velisti («Serve qualche accorgimento, per navigare con più semplicità e sicurezza, ma nessun vantaggio tecnologico» spiega) prima lo inquieta parlando di rumors che vogliono un sindacato brasiliano alla prossima Coppa sostenuto dall'ex pilota di F1 Nelson Piquet, e poi lo tranquillizza: «Credo in Argo Challenge, è un'idea forte, giusta». We can, you can, dice, battendoti la mano sulla spalla. E' il motto del team.
Proprio a Grael è stata tributata, in occasione della premiazione della Maxi Yacht Cup, una delle più toccanti manifestazioni di simpatia, che la dice lunga su quanto il suo nome e il suo background siano tenuti in conto tra i velisti professionisti. Quando è venuto il suo turno, per ritirare il premio, si è avvicinato al palco con le stampelle e la gamba monca. Ha fatto un cenno col capo ai padroni di casa, il principe Aga Khan e la principessa Zahra, e si è voltato: c'è stato un applauso che sembrava non dovesse più finire. Caldo come un abbraccio. Forse non tutti sapevano che proprio a quell'ora, dieci anni prima, c'era stato il suo terribile incidente; non sapevano che ricorreva la data della sua discesa all'inferno, da cui però è riuscito a risalire. We can, you can.
[Fonte: LaStampa - 08 settembre 2008]