Una trappola mortale. Massimo Pisnoli, il suocero del calciatore della A.S. Roma e della nazionale Daniele De Rossi, è stato «portato a dama» con una scusa e ucciso con un colpo di fucile in pieno volto. Un incontro fatale, stabilito per organizzare un rapina come quella che la vittima aveva compiuto il 31 luglio scorso alla Banca di Credito Cooperativo al Divino Amore assieme a F.A., un trentenne incensurato arrestato il 6 settembre scorso.
A confessare il delitto scoperto nei pressi della stazione di Campoleone, una frazione a pochi chilometri da Aprilia, Gabriele Piras, 48 anni, e Giuseppe Arena, 40 anni. Due personaggi noti alle forze dell’ordine e alle patrie galere, per rapina, armi e droga.
Il movente dell’esecuzione? Pisnoli non avrebbe mantenuto i patti, ovvero dividere il bottino di 9600 euro con i due, incaricati di coprire la fuga. La sera del 7 agosto la vendetta: un primo colpo di lupara ferisce il suocero di De Rossi alle spalle, il secondo a distanza ravvicinata centra la bocca e fuoriesce dalla regione occipitale. Modalità che sin dall’inizio fanno pensare a un delitto di stampo mafioso e che ricordano le esecuzioni della banda della Magliana. Un «trattamento» in genere riservato dalla mala agli «infami» e alle spie. (
continua)
«
Ho fatto due gol nel momento più difficile della mia vita - racconta il centrocampista della Roma -
e il primo pensiero è stato per mio suocero, per mia moglie e per le sue due sorelle, che hanno sofferto molto».
Prima, s’era censurato, anche quando aveva fatto un altro gran gol, a San Siro: «
Anche là il pensiero era per lui - continua -
quando avevo segnato contro l’Inter, ma non avevo parlato per non essere male interpretato». Di quei giorni ha un terribile ricordo, e una rabbia tremenda per com’è stata raccontata questa storia: «
C’è stata una grande cattiveria e cannibalismo. Cose che mi hanno fatto rivalutare i giornalisti sportivi». E’ stato in pena, in queste settimane, per la moglie, e per le sue sorelle, una delle quali è diciassettenne, «
e molti se ne sono dimenticati, in questi momenti. Si sono dimenticati le persone che stavano soffrendo».
Ieri sera, finalmente, ha trovato la forza di parlare, e di affrontare un’argomento che, compresibilmente, aveva sempre voluto evitare uscendo dalle partite di pallone. Al centrocampista della Roma non era andato giù che giornali e tv avessere frullato tutta la sua vita privata, i suoi affetti, la sua famiglia. Era furibondo per le foto sui giornali, i particolari sul passato del suocero, le fotografie. Per questo s’era chiuso nel silenzio. Giocava e non parlava: «
Era meglio, avevo paura di essere travisato. E poi ero pieno di rabbia». Ieri sera, con gli occhi un po’ lucidi, ha ritrovato la parola: «
Questi gol sono per mio suocero», ha ripeteto davanti alle telecamere. Una, due, tre volte. «
Non è stato facile giocare in queste settimane, ma ho tenuto duro. Mi dispiaceva per mia moglie, per la mia famiglia. Loro stavano soffrendo e tutti se ne sono dimenticati».
[Fonte: LaStampa - 11 settembre 2008]