Calzoncini e maglietta. Una collanina d'oro di traverso sul petto, con un ciondolo contenente la piccola fotografia di una donna anziana. Il volto sfigurato dai proiettili e reso irriconoscibile dal caldo torrido e dal passare dei giorni.
La scena tragica di un'esecuzione in una stradina sterrata accanto al parcheggio della stazione ferroviaria di Campoleone, nei pressi di Aprilia: un importante centro industriale a una sessantina di chilometri da Roma, ma anche da anni avamposto della criminalità organizzata che dal Sud muove alla conquista della Capitale. E stavolta i sicari hanno puntato in alto: l'uomo giustiziato era Massimo Pisnoli, 48 anni, padre di Tamara, la moglie di Daniele De Rossi, centrocampista della Roma e della Nazionale. Il delitto risale almeno a una settimana fa, ma il corpo è stato scoperto solo lunedì scorso. Sull'omicidio gli investigatori hanno mantenuto, e continuano a farlo, il massimo riserbo. La notizia che si trattasse del suocero del calciatore giallorosso si è appresa ieri pomeriggio, suscitando grande clamore, quando De Rossi non ha partecipato all'allenamento con la Roma «per lutto familiare», come spiegato da un comunicato della società.
Pisnoli aveva qualche precedente per furto e rapina e in passato era sfuggito a un agguato. Abitava con la famiglia a Roma, nel popolare quartiere del Trullo. Le figlie ne avevano denunciato la scomparsa la settimana scorsa, dopo che il padre non era tornato a casa. Chi l'ha ucciso, gli ha sparato due fucilate da distanza ravvicinata: una alla schiena, l'altra in bocca. Per giorni il corpo è rimasto a terra, vicino al parcheggio, senza che nessuno se ne accorgesse. Poi, nel pomeriggio di lunedì, un operaio che aveva lasciato l'auto poco lontano per prendere il treno si è accorto del cadavere e ha dato l'allarme. I medici legali, Filippo Milano e Maria Cristina Setacci, hanno lavorato parecchie ore per dare un volto e un nome alla vittima.
Le indagini: in un primo tempo gli investigatori avrebbero concentrato le indagini sulla pista passionale, attraverso la ricostruzione delle abitudini della vittima. Tuttavia, man mano che passa il tempo, sembra che il movente più probabile sia la vendetta per uno sgarro. Pisnoli aveva avuto ripetuti guai con la giustizia e nell'89 era anche sfuggito a un agguato. L'indagine è affidata alla procura della Repubblica di Latina e viene seguita dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, che potrebbe acquisire nei prossimi giorni la titolarità dell' inchiesta.
L'omicidio: secondo la ricostruzione fatta anche grazie all'autopsia, sembra che Pisnoli sia stato colpito con due proiettili di fucile: uno esploso alle spalle e l'altro in bocca, sfigurandone il volto. Sembra che l'uomo sia stato ucciso nel luogo di ritrovamento, vicino alla stazione ferroviaria di Campoleone, nei pressi di Aprilia. A denunciarne la scomparsa, i primi di agosto, è stata la figlia Tamara, moglie del calciatore De Rossi.
[Fonte: Il Corriere della Sera - 14 agosto 2008]
Ucciso il suocero del calciatore De Rossi
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Ieri mattina si è tenuto un incontro a Roma tra gli investigatori pontini dell'Arma e quelli della Dda per fare il punto della situazione sulle indagini, fino a questo momento coordinate dal pm Raffaella De Pasquale e dai carabinieri di Aprilia. Fra poche ore, quindi, il Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo acquisirà la totalità dell'inchiesta e questo è un particolare rilevante che porta dritti verso la criminalità organizzata.
Si spazzano via, così, gli ultimi e forse inutili dubbi sulla pista da seguire. In un primo momento si era pensato ad un movente passionale, quasi immediatamente smentito dai carabinieri della Compagnia di Aprilia. Il delitto assume sempre più i contorni di un'esecuzione i cui mandanti potrebbero essere personaggi legati alla malavita romana a cui probabilmente l'uomo aveva fatto uno «sgarro».
I carabinieri, coordinati dal colonnello Leonardo Rotondi, in questi giorni hanno scavato nella frammentaria e travagliata vita di Massimo Pisnoli, hanno ascoltato una trentina di persone, tra amici e parenti, in cerca di particolari fondamentali per dare una svolta all'inchiesta.
A quanto pare il quarantottenne era solito frequentare le zone del Trullo e della Magliana, amava la bella vita ed i soldi facili.
Gli investigatori stanno anche cercando di capire i rapporti che aveva messo in piedi e soprattutto di che genere fossero i legami che aveva con la città di Aprilia.
Molto probabile che il 48enne sia stato ucciso nello stesso luogo in cui è stato trovato, dove forse aveva un appuntamento con i suoi killer. Un luogo isolato, vicino alla ferrovia, il cui rumore potrebbe aver fatto passare inosservati i colpi partiti dall'arma che ha ucciso Pisnoli, insomma ideale per l'agguato.
Intanto si è fatta chiarezza sull'arma usata per l'omicidio. Si tratta di un fucile da caccia, caricato a «pallini», del tipo utilizzato per cacciare i tordi. Un particolare sicuramente strano e che infittisce ancora di più di mistero l'assassinio di Massimo Pisnoli.
Le modalità dell'omicidio, però, continuano a far pensare ad un'esecuzione in piena regola: due i colpi sparati da vicino, uno alle spalle e l'altro (fatale) alla bocca. Il proiettile in questo caso è uscito dalla parte posteriore del cranio sfigurando il volto di Pisnoli. Inoltre, la vittima è stata ritrovata dai carabinieri con le braccia in alto, un tipico segno lasciato dai sicari della mafia.
Ieri la salma del papà di Tamara, moglie del calciatore De Rossi, è stata trasferita dall'obitorio del cimitero di Latina a Roma, dove naturalmente si celebreranno i funerali.
[Fonte: IlTempo - 17 agosto 2008]
Si spazzano via, così, gli ultimi e forse inutili dubbi sulla pista da seguire. In un primo momento si era pensato ad un movente passionale, quasi immediatamente smentito dai carabinieri della Compagnia di Aprilia. Il delitto assume sempre più i contorni di un'esecuzione i cui mandanti potrebbero essere personaggi legati alla malavita romana a cui probabilmente l'uomo aveva fatto uno «sgarro».
I carabinieri, coordinati dal colonnello Leonardo Rotondi, in questi giorni hanno scavato nella frammentaria e travagliata vita di Massimo Pisnoli, hanno ascoltato una trentina di persone, tra amici e parenti, in cerca di particolari fondamentali per dare una svolta all'inchiesta.
A quanto pare il quarantottenne era solito frequentare le zone del Trullo e della Magliana, amava la bella vita ed i soldi facili.
Gli investigatori stanno anche cercando di capire i rapporti che aveva messo in piedi e soprattutto di che genere fossero i legami che aveva con la città di Aprilia.
Molto probabile che il 48enne sia stato ucciso nello stesso luogo in cui è stato trovato, dove forse aveva un appuntamento con i suoi killer. Un luogo isolato, vicino alla ferrovia, il cui rumore potrebbe aver fatto passare inosservati i colpi partiti dall'arma che ha ucciso Pisnoli, insomma ideale per l'agguato.
Intanto si è fatta chiarezza sull'arma usata per l'omicidio. Si tratta di un fucile da caccia, caricato a «pallini», del tipo utilizzato per cacciare i tordi. Un particolare sicuramente strano e che infittisce ancora di più di mistero l'assassinio di Massimo Pisnoli.
Le modalità dell'omicidio, però, continuano a far pensare ad un'esecuzione in piena regola: due i colpi sparati da vicino, uno alle spalle e l'altro (fatale) alla bocca. Il proiettile in questo caso è uscito dalla parte posteriore del cranio sfigurando il volto di Pisnoli. Inoltre, la vittima è stata ritrovata dai carabinieri con le braccia in alto, un tipico segno lasciato dai sicari della mafia.
Ieri la salma del papà di Tamara, moglie del calciatore De Rossi, è stata trasferita dall'obitorio del cimitero di Latina a Roma, dove naturalmente si celebreranno i funerali.
[Fonte: IlTempo - 17 agosto 2008]
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Una trappola mortale. Massimo Pisnoli, il suocero del calciatore della A.S. Roma e della nazionale Daniele De Rossi, è stato «portato a dama» con una scusa e ucciso con un colpo di fucile in pieno volto. Un incontro fatale, stabilito per organizzare un rapina come quella che la vittima aveva compiuto il 31 luglio scorso alla Banca di Credito Cooperativo al Divino Amore assieme a F.A., un trentenne incensurato arrestato il 6 settembre scorso.
A confessare il delitto scoperto nei pressi della stazione di Campoleone, una frazione a pochi chilometri da Aprilia, Gabriele Piras, 48 anni, e Giuseppe Arena, 40 anni. Due personaggi noti alle forze dell’ordine e alle patrie galere, per rapina, armi e droga. Il movente dell’esecuzione? Pisnoli non avrebbe mantenuto i patti, ovvero dividere il bottino di 9600 euro con i due, incaricati di coprire la fuga. La sera del 7 agosto la vendetta: un primo colpo di lupara ferisce il suocero di De Rossi alle spalle, il secondo a distanza ravvicinata centra la bocca e fuoriesce dalla regione occipitale. Modalità che sin dall’inizio fanno pensare a un delitto di stampo mafioso e che ricordano le esecuzioni della banda della Magliana. Un «trattamento» in genere riservato dalla mala agli «infami» e alle spie. (continua)
«Ho fatto due gol nel momento più difficile della mia vita - racconta il centrocampista della Roma - e il primo pensiero è stato per mio suocero, per mia moglie e per le sue due sorelle, che hanno sofferto molto».
Prima, s’era censurato, anche quando aveva fatto un altro gran gol, a San Siro: «Anche là il pensiero era per lui - continua - quando avevo segnato contro l’Inter, ma non avevo parlato per non essere male interpretato». Di quei giorni ha un terribile ricordo, e una rabbia tremenda per com’è stata raccontata questa storia: «C’è stata una grande cattiveria e cannibalismo. Cose che mi hanno fatto rivalutare i giornalisti sportivi». E’ stato in pena, in queste settimane, per la moglie, e per le sue sorelle, una delle quali è diciassettenne, «e molti se ne sono dimenticati, in questi momenti. Si sono dimenticati le persone che stavano soffrendo».
Ieri sera, finalmente, ha trovato la forza di parlare, e di affrontare un’argomento che, compresibilmente, aveva sempre voluto evitare uscendo dalle partite di pallone. Al centrocampista della Roma non era andato giù che giornali e tv avessere frullato tutta la sua vita privata, i suoi affetti, la sua famiglia. Era furibondo per le foto sui giornali, i particolari sul passato del suocero, le fotografie. Per questo s’era chiuso nel silenzio. Giocava e non parlava: «Era meglio, avevo paura di essere travisato. E poi ero pieno di rabbia». Ieri sera, con gli occhi un po’ lucidi, ha ritrovato la parola: «Questi gol sono per mio suocero», ha ripeteto davanti alle telecamere. Una, due, tre volte. «Non è stato facile giocare in queste settimane, ma ho tenuto duro. Mi dispiaceva per mia moglie, per la mia famiglia. Loro stavano soffrendo e tutti se ne sono dimenticati».
[Fonte: LaStampa - 11 settembre 2008]
A confessare il delitto scoperto nei pressi della stazione di Campoleone, una frazione a pochi chilometri da Aprilia, Gabriele Piras, 48 anni, e Giuseppe Arena, 40 anni. Due personaggi noti alle forze dell’ordine e alle patrie galere, per rapina, armi e droga. Il movente dell’esecuzione? Pisnoli non avrebbe mantenuto i patti, ovvero dividere il bottino di 9600 euro con i due, incaricati di coprire la fuga. La sera del 7 agosto la vendetta: un primo colpo di lupara ferisce il suocero di De Rossi alle spalle, il secondo a distanza ravvicinata centra la bocca e fuoriesce dalla regione occipitale. Modalità che sin dall’inizio fanno pensare a un delitto di stampo mafioso e che ricordano le esecuzioni della banda della Magliana. Un «trattamento» in genere riservato dalla mala agli «infami» e alle spie. (continua)
«Ho fatto due gol nel momento più difficile della mia vita - racconta il centrocampista della Roma - e il primo pensiero è stato per mio suocero, per mia moglie e per le sue due sorelle, che hanno sofferto molto».
Prima, s’era censurato, anche quando aveva fatto un altro gran gol, a San Siro: «Anche là il pensiero era per lui - continua - quando avevo segnato contro l’Inter, ma non avevo parlato per non essere male interpretato». Di quei giorni ha un terribile ricordo, e una rabbia tremenda per com’è stata raccontata questa storia: «C’è stata una grande cattiveria e cannibalismo. Cose che mi hanno fatto rivalutare i giornalisti sportivi». E’ stato in pena, in queste settimane, per la moglie, e per le sue sorelle, una delle quali è diciassettenne, «e molti se ne sono dimenticati, in questi momenti. Si sono dimenticati le persone che stavano soffrendo».
Ieri sera, finalmente, ha trovato la forza di parlare, e di affrontare un’argomento che, compresibilmente, aveva sempre voluto evitare uscendo dalle partite di pallone. Al centrocampista della Roma non era andato giù che giornali e tv avessere frullato tutta la sua vita privata, i suoi affetti, la sua famiglia. Era furibondo per le foto sui giornali, i particolari sul passato del suocero, le fotografie. Per questo s’era chiuso nel silenzio. Giocava e non parlava: «Era meglio, avevo paura di essere travisato. E poi ero pieno di rabbia». Ieri sera, con gli occhi un po’ lucidi, ha ritrovato la parola: «Questi gol sono per mio suocero», ha ripeteto davanti alle telecamere. Una, due, tre volte. «Non è stato facile giocare in queste settimane, ma ho tenuto duro. Mi dispiaceva per mia moglie, per la mia famiglia. Loro stavano soffrendo e tutti se ne sono dimenticati».
[Fonte: LaStampa - 11 settembre 2008]